È stata pubblicata l’indagine nazionale “Il lavoro regolare minorile tra formazione e sicurezza“, realizzata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nell’ambito del progetto Fase (Formazione sicura in età adolescenziale), promosso in collaborazione con l’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali (Iprs) e la Fondazione Censis.
Lo studio offre un’analisi approfondita, su scala nazionale, della dimensione quantitativa del fenomeno del lavoro regolare minorile, che riguarda i ragazzi tra i 15 e i 17 anni, e della qualità dell’esperienza lavorativa, sia dal punto di vista della prevenzione dei rischi sul lavoro sia dal punto di vista formativo.
«Quanto al primo aspetto – si spiega nella premessa -, l’indagine si è posta l’obiettivo di verificare se l’attuale assetto normativo e organizzativo del lavoro minorile in Italia sia in grado di garantire una effettiva e reale tutela del minorenne coinvolto in attività lavorative. Quanto al secondo profilo, con la ricerca si è voluto sottolineare l’importanza che questi ragazzi siano destinatari di un’adeguata formazione, almeno fino ai 18 anni, senza che si determini o si aggravi alcun divario di competenze rispetto ai loro coetanei che svolgono i tradizionali percorsi scolastici. Le prassi di inserimento lavorativo non devono inficiare la garanzia della priorità dell’obiettivo formativo rispetto a quello occupazionale».
I risultati evidenziano, fra l’altro, «l’esistenza di un contesto maggioritario, composto da minorenni la cui adolescenza si sviluppa all’interno di processi di formazione e di socialità, essenziali per il loro benessere e armonioso sviluppo, e l’esistenza di una minoranza di ragazzi spinta verso il mondo del lavoro e verso una precoce necessità di fare reddito».
Gli under 18 che lavorano possono essere divisi in quattro gruppi: gli occupati a tempo indeterminato, che hanno assolto l’obbligo scolastico (nel 2022 erano 4.253); i lavoratori a termine, circa 42 mila (nella gran parte dei casi studenti che hanno occupazioni saltuarie per assicurarsi un reddito minimo); gli apprendisti, circa 7.800; gli studenti in alternanza scuola lavoro, circa un milione. Si tratta di minorenni iscritti alla scuola secondaria superiore o alla istruzione e formazione professionale (Iefp) impegnati in attività di Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), stage e tirocini.
Secondo i dati resi disponibili dall’Inail, nel 2022 si sono registrate 17.531 denunce per infortuni di minorenni: di queste, 14.867 hanno riguardato studenti (641 dei quali impegnati in alternanza scuola-lavoro) e 2.664 lavoratori (tra cui 285 allievi di corsi di formazione professionale). In tre casi gli infortuni hanno avuto un esito mortale.
«Su questo tema – si legge nel sito dell’Authority – ciò che evidenzia lo studio è la necessità di realizzare una mappatura e un’analisi degli infortuni differenziata per i diversi contesti lavorativi, anche al fine di comprendere meglio i rischi che corrono i minorenni che lavorano saltuariamente (ad esempio in estate) fuori dei circuiti della formazione professionale».
Per quanto riguarda la tutela del diritto-dovere alla formazione degli under 18, «la ricerca segnala come, pur se in termini generali si sia maturata una certa consapevolezza rispetto al fatto che la formazione deve essere intesa in senso ampio e non solo come acquisizione di un saper fare utile per l’inserimento nel mondo del lavoro, permangono rilevanti differenze territoriali rispetto agli standard formativi offerti».