“I servizi educativi non devono essere intesi meramente come erogatori di prestazioni ma come strumenti di giustizia sociale che, favorendo lo sviluppo delle conoscenze, riducono le diseguaglianze sociali.”
Lo ha dichiarato Andrea Prandin, formatore e consulente pedagogico, all’incontro delle pedagogiste 0-6 di Proges provenienti da tutte le regioni italiane che si è tenuto questa settimana presso la sede di ProgesEduca a Parma.
“Quello di martedì è stato il secondo di un ciclo di tre Laboratori di Pensiero che abbiamo organizzato sul ruolo dei servizi educativi, del coordinatore pedagogico e della comunità come ecosistema della cura” premette Francesca Gavazzoli, specialist dell’area Educazione di Proges. “Abbiamo assistito a una contaminazione positiva tra coordinatori di aree diverse da loro. Sono poche le cooperative che favoriscono questi incroci di esperienze sovraregionali. Al termine dei tre incontri presenteremo gli esiti finali in un seminario in programma il 14 maggio a Parma. Con modalità sempre diverse continueremo il percorso anche nei prossimi anni.”
“Stiamo mettendo al centro due tematiche specifiche. La prima è l’identità dei servizi educativi di Proges” aggiunge Ilaria Dall’Olio dello staff Specialist Educazione. “Vogliamo dichiarare chi siamo, quali sono le nostre caratteristiche, in una logica di cambiamento, non certo di conservazione. Definire la nostra identità oggi per sapere dove andare domani, un’identità aperta per aumentare le opportunità. Innovare partendo da un’identità fondata aperta.”
“Il secondo argomento è l’innovazione dei servizi socio-educativi” prosegue Sara Manzini dello staff Specialist Educazione. “Abbiamo dialogato con il Centro delle famiglie di Parma per approfondire come vivono le famiglie oggi, quali sono i bisogni di domani, quale dovrà essere l’evoluzione dei servizi.
Abbiamo discusso delle nuove culture famigliari che si incontrano nei servizi, dell’accessibilità per aumentare la partecipazione anche di genitori che non hanno i loro bambini iscritti attraverso nuove opportunità” conclude Francesca Gavazzoli. “Ad esempio, perchè non consentire ai genitori di utilizzare gli spazi verdi dei nidi e delle scuole (che i bimbi conoscono bene) per condurre attività fuori dagli orari e giorni tradizionali per diventare uno spazio di quartiere? Ci siamo poi confrontate sulla gestione dell’incertezza e sull’aspettarsi un inedito dalle famiglie o dai bambini, che sono cambiate, che continueranno a cambiare.” AM