E’ arrivata la divisa delle operatrici e degli operatori del Pronto Intervento Sociale SEUS (Sistema Emergenza Urgenza Sociale) della Regione Toscana gestito da Proges e dalla Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia (leggi).
Pubblichiamo di seguito alcune riflessioni e testimonianze di chi è sul campo e realizza il servizio.
Riconoscimento e crescita: la storia di un’Assistente Sociale in Emergenza- 14 anni di percorso professionale per raggiungere un traguardo importante: la divisa
A cura di Dott.ssa Assistente Sociale Arianna Giannelli
Coordinatore Tecnico Operativo della Centrale Operativa (COESS) e delle Unità Territoriali (UTESS)
Servizio di Pronto Intervento Sociale (SPIS)
del Sistema regionale emergenza urgenza sociale di Regione Toscana
Proges Cooperativa Sociale
Nel mese di gennaio dell’anno 2025, presso la sede regionale della Toscana a Firenze, sono state presentate ufficialmente le divise introdotte ed indossate dagli operatori che lavorano nel servizio LEPS di Pronto Intervento Sociale del Seus (Sistema Emergenza Urgenza Sociale) Regione Toscana.
Per me vedere le mie colleghe e colleghi con la divisa è una grande conquista.
Una conquista che ho sudato negli anni. In questi quattordici anni trascorsi dal mio ingresso nel percorso del SEUS (Servizio Emergenza Urgenza Sociale), ho vissuto momenti in cui sentivo e manifestavo il desiderio di raggiungere proprio ciò che vedo oggi: un riconoscimento per il nostro ruolo specifico all’interno del sistema di soccorso. Questi anni non sono stati facili, ma sono convinta che ciò che conta veramente è attivare il cambiamento, trasformarsi e perseguire traguardi importanti, contribuendo a un processo di crescita personale e collettiva.
In passato, quando intervenivo direttamente sui processi di soccorso, mi sono spesso sentita fuori posto. Nonostante il cartellino di riconoscimento ero identificata come “l’as del SEUS”, ma non per il mio ruolo professionale, quanto per le collaborazioni preesistenti con altri enti come i Carabinieri e la Polizia Municipale. La relazione che si era instaurata nel tempo, in effetti, faceva sì che fossi vista più come una collega di altri servizi, ma non come una professionista con una specificità e un’identità definita all’interno del servizio stesso. E questo, sinceramente, non andava bene.
Il ruolo dell’assistente sociale in emergenza deve essere riconosciuto per quello che è: una figura professionale che fa parte di un servizio strutturato e che svolge compiti di primaria importanza. Questo va al di là delle relazioni personali che si costruiscono sul campo. La nostra identità professionale non può dipendere solo dalle interazioni precedenti con altri soggetti come le forze dell’ordine o enti, ma deve essere definita dal valore e dalla specificità del nostro lavoro.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’abbigliamento e la divisa. Lavorare in emergenza non significa operare in un ambiente ordinario, e per questo l’abbigliamento deve rispondere ad un ruolo preciso, sia per il servizio che per la società. Quante volte mi sono chiesta: “Cosa indosso oggi?” Quanti capi sono stati distrutti o resi inutilizzabili a causa delle condizioni di lavoro che viviamo ogni giorno. Questo non è solo una questione estetica, ma riguarda la praticità, la sicurezza e, non meno importante, il riconoscimento del nostro status professionale.
Mi è capitato spesso di osservare medici ed infermieri del 118, che arrivavano in ambulanza e si muovevano con disinvoltura e autorevolezza, completamente a loro agio con la divisa. Ho pensato a lungo se anche noi, come categoria, fossimo riusciti a raggiungere quella stessa condizione di riconoscimento pubblico e professionale. Non è scontato che una divisa, in ambito sociale, venga automaticamente riconosciuta come simbolo di competenza e di ruolo. Eppure, dobbiamo imparare a valorizzare la divisa, a riconoscerne l’importanza e il beneficio che apporta, sia per la nostra categoria che per la comunità.
Infine, un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno contribuito a questo cambiamento, a questo passo evolutivo che oggi mi permette di sentirmi riconosciuta come assistente sociale d’emergenza, anche sotto il punto di vista dell’abbigliamento e della divisa. Questo è un traguardo che rappresenta non solo una vittoria personale, ma anche un successo collettivo per tutti noi.
Da Barcellona a Pistoia per studiare il Pronto Soccorso Sociale della Toscana
Le esperienze dei colleghi sul campo
Dott.ssa Alice Lastri AS UTESS (Unità Territoriale Emergenza Sociale)
Area Toscana Sud Est
La divisa: sguardi e punti di vista
Rispetto a quanto accadeva fino a qualche mese fa, quando per molti dei nostri attori coadiuvanti eravamo “le bimbe del SEUS”, qualcosa è cambiato.
A oggi questa divisa ci fornisce un ruolo definito anche per gli altri professionisti e sottende il riconoscimento di “un volto” all’intero servizio. In questo senso la divisa ci fornisce autorevolezza e ci riconosce le peculiari competenze professionali.
Giungendo in una caserma oppure in un ospedale non ci troviamo più a dover ricercare medici e infermieri, nonché i diretti segnalanti, per avere informazioni e audizione; sono piuttosto gli stessi professionisti sanitari ad accoglierci e permetterci di avviare l’intervento con maggiore tempestività.
Si nota un mutamento anche nell’ utilizzo più rispettoso della terza persona, più usata nel colloquio.
Sul versante dei beneficiari la divisa ha un differente impatto. Molte persone più volte segnalate ci hanno conosciuto in un primo momento “in borghese” e ci hanno successivamente incontrati in divisa. Questo cambiamento ha portato talvolta una lieve forma di disorientamento iniziale e dunque ci ha richiesto una maggior attenzione nell’avvio della relazione comunicativa.
I soggetti che incontriamo per la prima volta spesso ci associano alle Forze dell’Ordine e, se in un primo momento appare maggiore scetticismo, successivamente nello snodo della relazione si evince maggior fiducia e appoggio.
La divisa vista da dentro
Dott.ssa Barbara Dell’Anno AS UTESS (Unità Territoriale Emergenza Sociale)
Area Toscana Centro
Quando eravamo all’ università nessuno mi ha detto che avrei potuto indossare una divisa, né che avrei potuto lavorare in tandem con un altro professionista. In tal senso non ero preparata a gestire l’impatto emotivo che questa cosa particolare avrebbe avuto su di me.
Negli anni e nei vari ambiti di lavoro ho sempre cercato un senso di appartenenza al gruppo e alla professione. Non l’ho trovato finché non sono giunta qui. La divisa/uniforme ha un senso in termini di riconoscibilità, di spirito di corpo, di “squadra”. Non un senso estetico, ma un senso pratico, pensato per l’utilizzo e non per la semplice visione.
Non serve per vedersi diversi dal beneficiario dell’intervento, in contrapposizione. Serve piuttosto per essere immediatamente riconoscibili agli occhi della cittadinanza e di coloro con cui siamo chiamati a collaborare. Ha un senso nel rendere il gruppo uniforme e compatto, senza distinguere età, sesso, anzianità di servizio o provenienza, perché nel gruppo è fondamentale anche la contaminazione, le pari opportunità, la pari dignità professionale.
La divisa rappresenta generalmente il senso della tutela, della protezione, del controllo, simbolo dell’appartenenza ad un gruppo definito e codificato. Talvolta si possono manifestare delle resistenze a uniformarsi per timore di perdere la propria individualità. Ci può essere una difficoltà di gestione della rappresentatività evidente verso la cittadinanza in generale perché siamo la mano che raggiunge il cittadino e lo accoglie nel suo bisogno, a nome dell’Ente Locale. Oppure addirittura il timore dell’effetto “bersaglio” perché spesso siamo vittime dei pregiudizi e manifestarsi in modo così determinato ed evidente ci pone in situazione di potenziale rischio.
Nel corso dei turni di lavoro successivi all’avvento della divisa ho notato che Forze dell’Ordine e personale ospedaliero tendevano a guardarci con curiosità, manifestando una maggiore prossimità, considerandoci quasi come colleghi, mentre la cittadinanza ha assorbito la nostra presenza con sentimenti ambivalenti: da una parte la soggezione, sicuramente la curiosità, dall’ altra un senso di rassicurazione e di protezione.
Mi sento orgogliosa di essere riconoscibile, di rappresentare un LEPS e di appartenere a questo gruppo così particolare, che sperimenta la prima linea ogni volta con nuova spinta e motivazione.
La Divisa sul Campo: Esperienze Pratiche e Impatti sul Ruolo dell’Assistente Sociale di Emergenza e Urgenza
Dott.ssa Alice Laura Bonifacio AS UTESS (Unità Territoriale Emergenza Sociale) Area Toscana Centro
In diverse occasioni l’atto di indossare una divisa ha avuto effetti contrastanti sulle persone con cui l’Assistente Sociale di Emergenza e Urgenza è entrato in contatto, portando a riscontri diversi a seconda del contesto e delle esperienze individuali.
Due episodi distinti mettono in evidenza come la divisa, pur essendo un simbolo di autorità, possa avere significati molto differenti in relazione alla persona che la osserva.
Nel primo caso, il carabiniere che si è trovato ad affrontare una situazione di emergenza ha percepito positivamente la divisa dell’Assistente Sociale. Per lui, questo segno distintivo non solo ha conferito all’assistente sociale un’identità chiara e riconoscibile, ma ha anche facilitato la comunicazione e la collaborazione. La divisa, infatti, ha permesso all’Assistente Sociale di emergenza e urgenza di presentarsi con un ruolo ben definito, facendo comprendere immediatamente la sua funzione all’interno di un’operazione di soccorso. In un contesto in cui la chiarezza e la rapidità d’azione sono cruciali, il carabiniere ha visto in quella divisa un segno di affidabilità e competenza, rendendo più agevole l’intervento congiunto.
Al contrario, nel caso di un minore straniero non accompagnato, l’indossare la divisa ha suscitato una reazione diametralmente opposta. Il ragazzo, giovane e solo in un paese straniero, si è trovato a fronteggiare non solo la solitudine e la difficoltà di trovarsi in un luogo che non conosceva ma anche il timore nei confronti di una figura che, nella sua mente, incarnava l’autorità e l’estraneità.
La divisa dell’Assistente Sociale, per lui, non ha avuto la stessa connotazione di sicurezza o protezione, ma ha rappresentato una barriera, un simbolo di distanza che lo separava ulteriormente dal paese d’origine che aveva lasciato. Tuttavia, è importante sottolineare che questa reazione va letta anche alla luce del suo vissuto: un ragazzo giovane, in un paese che non conosce, con una lingua che non parla, può facilmente percepire qualsiasi figura autoritaria come una minaccia.
Nonostante queste differenze, è interessante notare che in molte situazioni la divisa è stata anche un punto di accesso per facilitare la comunicazione. Non tutti coloro che sono stati assistiti hanno visto la divisa come una barriera. Al contrario, in molti casi, essa ha svolto un ruolo fondamentale nel chiarire immediatamente il ruolo dell’Assistente Sociale, rendendo più facile la spiegazione dei servizi offerti e creando uno spazio in cui l’assistenza potesse essere percepita come un aiuto concreto e non come un ostacolo.
In conclusione, l’indossare una divisa da parte dell’Assistente Sociale di Emergenza e Urgenza non è mai una scelta neutra, ma è una realtà che deve essere contestualizzata in base alla percezione e alle esperienze individuali delle persone coinvolte. Mentre per alcuni essa rappresenta un segno di professionalità e supporto, per altri può suscitare paure e incomprensioni. In entrambi i casi, è fondamentale che la divisa non sia solo un simbolo esteriore, ma che venga accompagnata da un’azione empatica e comprensiva, capace di ridurre le distanze e di facilitare un dialogo proficuo.
Il servizio “Dimissioni protette” di Proges all’Ospedale Maggiore di Parma pubblicato su Vita
Il punto di vista di una COESS
Dott.ssa Francesca Armato AS COESS (Centrale Operativa Emergenza Servizio Sociale)
La divisa rappresenta la coesione con il Team professionale creando un senso di unità e appartenenza.
Si evidenziano caratteristiche di confort e praticità: Le divise per assistenti sociali sono spesso progettate per essere funzionali e comode, adattandosi alle necessità di movimento, alle lunghe ore in ufficio o nel caso degli AS UTESS nel lavoro sul campo.
La presenza dei loghi dei due soggetti gestori: Cooperativa Proges e Misericordie della Toscana sulla divisa del Servizio PIS (Pronto Intervento Sociale) del SEUS rappresentano istituzioni con una forte tradizione di impegno sociale e umanitario. Ecco alcuni aspetti positivi che potrebbero derivare da questi loghi:
Senso di Appartenenza a una tradizione di Solidarietà: il logo della Misericordia della Toscana porta con sé una lunga storia di volontariato e assistenza. Sicuramente ci rende parte di una rete di solidarietà che affonda le radici in una tradizione di aiuto e sostegno, trasmettendo un forte senso di responsabilità e di supporto verso l’ altro, suscitando un potenziale senso di orgoglio nell’ indossare un simbolo che esprime una tradizione così importante.
Altro aspetto è il Legame con la Comunità: La Misericordia è una realtà molto radicata nel territorio toscano e nelle sue comunità. Questo logo connette in modo fluido gli operatori con le persone portatrici del bisogno o che versano in situazione di vulnerabilità.
Professionalità e Riconoscibilità:
- il logo di Proges aggiunge un altro livello di autorevolezza e professionalità.
- la Cooperativa Proges è nota per la sua attenzione ai bisogni sociali su tutto il territorio nazionale e il suo logo sulla divisa sottolinea l’importanza e la serietà del lavoro che svolgiamo
- i cittadini potranno percepirci come professionisti competenti che fanno parte di una struttura solida e ben organizzata, capace di rispondere con efficacia ai bisogni della comunità.
Rafforzamento della fiducia: Il cittadino/ beneficiario potenzialmente associa queste immagini a un senso di sicurezza e fiducia, poiché sa di essere in contatto con un’organizzazione che lavora seriamente per il suo benessere. La divisa con questi simboli può rappresentare garanzia di affidabilità: comunica che dietro l’assistente sociale c’è una rete di supporto organizzata e preparata.
Orgoglio e Motivazione: Indossare una divisa che rappresenta due enti rispettati e radicati nella comunità può alimentare un forte senso di orgoglio professionale. Ci ricorda che non siamo singoli professionisti ma che facciamo parte di un gruppo che lavora per un obiettivo comune di assistenza e miglioramento sociale.
In sostanza, la divisa con questi loghi non è solo un “indumento”, ma un vero e proprio simbolo di valore, di impegno e di missione sociale, che ci rende parte di un cambiamento positivo.