Il magazine della cooperativa sociale Proges

La progettazione nella cooperazione sociale. Intervista a Ilaria Dall’olio

“Il lavoro di progettazione ha il compito di confrontare e coordinare più mappe; la progettazione intesa come costruzione di significati condivisi assume un’ottica di processo di ricerca ed esplorazione collegabile al filone della ricerca-azione.” (A. Orsenigo).

Il nome della cooperativa Proges ha già in sé un pezzo della parola progettazione perché è da sempre ritenuta come una delle funzioni e delle azioni “strategiche” per promuovere e sviluppare il lavoro sociale, educativo e assistenziale sui territori e sulle comunità.

La progettazione di Proges è interpretata da Ilaria Dall’olio, Sara Manzini, Annalisa Pelacci e Federica Zucchi nell’ambito della nuova Direzione Sviluppo.

Abbiamo intervistato Ilaria Dall’olio, che risponde a nome anche delle colleghe che condividono con lei questa funzione.

Cosa si intende oggi per “progettazione” in una cooperativa sociale?

Intendiamo la progettazione come un insieme di azioni che concorrono tutte alla messa in opera di un progetto: studio e ricerca, approfondimento, formazione, scrittura, pianificazione (anche economica e organizzativa), monitoraggio e validazione. Nel tempo abbiamo compreso che per progettare servisse ibridare le competenze, rendere spendibili i propri saperi in modo trasversale e aperto e, dove necessario, specializzarsi.

Il progetto è una trama di azioni, strumenti, significati, orizzonti che supporta le persone nel ritrovarsi in percorsi comuni e nella realizzazione di idee.

Quale tipo di formazione di base avete?

In via generale i cosiddetti “progettisti” hanno una formazione universitaria di tipo umanistico. Ma per spendersi sulla progettazione di tipo sociale è necessario avere anche delle competenze tecniche e specialistiche che permettano di governare tutte quelle azioni citate. Esistono corsi di formazione specifici, ma avere svolto una parte di lavoro operativo nei servizi, nella gestione e conduzione di progetti soprattutto se complessi, lo riteniamo vincente.

 

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In che campi o aree utilizzate la progettazione?

La progettazione viene spesa fondamentalmente per la produzione di progetti di gara nelle aree pedagogica, sociale, socio-assistenziale e socio-sanitaria.

Le competenze “specialistiche” sono fondamentali e da innovare costantemente insieme ai colleghi che lavorano sul campo.

È molto importante che ci sia una stretta collaborazione con i gruppi professionali che operano sui servizi anche nella fase della progettazione perché è in quel processo che si individuano le vere proposte di innovazione.

Oggi la progettazione è anche un passpartout per lavorare con i territori e le comunità… pensiamo a alla progettazione svolta con e per le fondazioni (di tipo bancario ed enti filantropici), con soggetti e istituzioni pubbliche e private che agiscono in favore dei cittadini specie più fragili (dai Comuni, ai Ministeri, alle Asl, agli Enti di terzo settore, alla Comunità Europea) attraverso la messa a disposizione di fondi e opportunità che però vanno tradotti in un progetto, cioè in un percorso comune, chiaro e condiviso.

 


 

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Che cosa è cambiato nel tempo, quali sono gli elementi nuovi per progettare oggi in campo sociale?

Innovazione è certamente una parola che ci sollecita ogni giorno nel provare a rendere quello che abbiamo in mano sempre più utile, efficace e “possibile”. Non può esserci progettazione sociale senza innovazione, senza ricerca, senza dialogo con i beneficiari e le comunità, senza formazione e dedizione.

Per riuscire a lavorare insieme, per rendere motivante il lavoro sociale è fondamentale pensarsi in un team, riconoscersi nelle differenze, portare a valore le esperienze.

Noi abbiamo un’idea di innovazione sociale che non risiede, ad esempio, solo nel fatto di utilizzare al meglio le nuove tecnologie (quella è la base, non è messa in discussione) e neanche di brevettare nuovi oggetti/servizi, quanto piuttosto implementare la capacità di interpretare i bisogni delle persone, trovare i modi per ridurre le disuguaglianze, continuare a formarsi per contribuire a realizzare un mondo più equo, solidale e prossimo alla gente.

Se riusciamo a fare tutto ciò progettando e pensando “bene” allora abbiamo vinto come impresa e come professionisti.

Andrea Marsiletti

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