Ogni persona è un individuo con talenti e potenzialità uniche, trovare situazioni di vita sociale e lavorativa in grado di metterle in risalto e svilupparle si rivela la vera sfida. Un tema certamente difficile, soprattutto quando queste persone rientrano nella categoria dei soggetti fragili. Ed è proprio in questi casi che l’inserimento lavorativo diventa lo strumento per trovare una via adeguata di valorizzazione delle qualità e peculiarità del singolo.
Un percorso portato avanti dalla Cooperativa Biricc@ che, tra gli obiettivi espressi dalla propria mission, specifica prima di tutto “l’inserimento lavorativo di persone fragili, senza mai perdere di vista i suoi valori fondanti: mutualità e solidarietà, strettamente correlati alla sfida di garantire qualità ed efficienza”. Un ambito che avevamo raccontato qui e oggi desideriamo analizzare, soffermandoci su uno dei servizi che maggiormente rappresenta la cooperativa: la lavanderia.
Una attività in cui vengono impiegate le persone con patologie psichiatriche più complesse in virtù del suo essere familiare e raccolto. Un luogo dove ogni giorno si intrecciano storie, difficoltà, sorrisi, crescita personale e rapporti umani.
Ne abbiamo parlato con Giammarco Agnessini, responsabile della lavanderia industriale di Biricc@.
Che tipo di lavoro è quello svolto nel settore della lavanderia?
“È un ambito dove si trovano sia persone con problematiche, ma anche persone che non hanno patologie. Un contesto di incontro, che consideriamo quello maggiormente protetto proprio perché interno alla nostra realtà e a diretto contatto con noi della cooperativa. Si tratta senza dubbio di una delle attività principali dove svolgiamo la nostra azione di inserimento lavorativo. Nel corso di questi anni abbiamo ulteriormente migliorato la qualità del servizio non solo di lavaggio e stireria, ma anche di consegna: ricordiamoci che in una lavanderia anche le tempistiche sono fondamentali. E non va altresì dimenticato che se da una parte il nostro obiettivo è quello di dare un’opportunità di lavoro a persone deboli, dall’altra il livello del servizio offerto alle aziende deve essere elevato”.
Quindi serve una preparazione?
“Diciamo che vengono insegnate tutte le basi, poi è un lavoro che si impara svolgendolo. A seconda del settore noi sappiamo quali persone è meglio inserire. La stireria è un’area primaria e sicuramente delicata, non ci sono inserimenti lavorativi; poi, ad esempio, vi è la parte in cui i panni vengono stesi una volta lavati, qui si trovano casi problematici che, in tal modo, riescono ad avere la possibilità di costruirsi una quotidianità lavorativa”.
Quanto è importante il lato umano?
“È una condizione primaria, senza il rapporto personale nulla di ciò che facciamo potrebbe essere portato avanti. Capita spesso che arrivino momenti di ascolto, richieste di aiuto e supporto, perché quello che si instaura è un rapporto di fiducia significativo”.
Cosa intendi esattamente?
“Che si cerca di esserci sempre quando percepiamo una necessità, diventiamo dei punti di riferimento. Il nostro lavoro è anche mediare in modo frequente i possibili conflitti che si vengono a creare nella mente delle persone che seguiamo. Ma ci tengo a specificare che non è solo complessità, spesso ridiamo insieme e questo crea ancora più unione. Ovviamente non va dimenticato che dobbiamo perseguire e sviluppare un modello di lavoro sostenibile”.
Quante sono le storie all’interno della lavanderia?
“Ognuno ha la sua, ma sicuramente 35/40 persone che si incontrano ogni giorno hanno tanto da dire e trasmettere. C’è chi è con noi praticamente da sempre, come ‘il Rumbo’; oppure Edoardo, che dopo 10 anni in lavanderia è stato assunto in una azienda importante con il ruolo di fattorino, trovando il suo posto nel mondo lavorativo. Sono percorsi, il nostro compito è far sì che trovino la propria strada e dimensione, capire chi può essere adatto a svolgere una mansione piuttosto di un’altra; rispondere alle esigenze delle aziende e trovare la soluzione migliore per fornire una risorsa adeguata, aiutandoli a far fronte agli obblighi previsti dall’art. 22 della Legge Regionale n. 17/2005, che regolamenta questa particolare forma d’inserimento al mercato del lavoro”.
Difficile considerarlo solo un lavoro, sembra più una missione.
“Noi ci crediamo molto, non ci siamo mai seduti anche in presenza di casi estremamente difficili dove il primo pensiero era ‘non riuscirà mai a lavorare’. A muoverci è uno spirito di aiuto e condivisione, dove tutti sappiano fare un pezzettino del lavoro dell’altro così da poter fornire supporto e, al tempo stesso, garantire il massimo del servizio ai clienti. Nessuno escluso, anche io all’occorrenza mi considero un jolly, ad esempio pronto a salire un camioncino alle 5 del mattino per fare le consegne. Anche questo è il bello del nostro agire quotidiano”.
Chiara Marando