Ad aprire la porta del centro socio-occupazionale è Manuela, educatrice e responsabile dell’ormai conosciutissimo (in città e non solo) laboratorio artigianale di pellame: portachiavi, svuotatasche, portafogli, calamite, prodotti specifici brandizzati, oggetti che abbiamo imparato a conoscere anno dopo anno per la loro bellezza e originalità. Oggetti che forse però non raccontano abbastanza delle storie e delle identità di chi quei prodotti li fa.
Il Porto di Coenzo non è solamente un centro socio occupazionale per ragazzi e ragazze con disabilità, il Porto di Coenzo è una grande famiglia. Lo si capisce dalle innumerevoli fotografie che adornano le pareti della sala tv e del salone principale, frammenti di vita vissuta insieme nell’arco di più di vent’anni: le gite in montagna in Val di Fiemme, i giovedì in piscina, matrimoni e, soprattutto, tanti volti sorridenti.
Della grande famiglia del Porto fa parte Marco, ad esempio. Appassionatissimo di comici e personaggi famosi, sportivo, rugbista nelle Furie Rosse di Colorno. A lui si deve la collaborazione con “Io parlo parmigiano” e, nello specifico, dall’incontro sul campo da rugby con il Baroz, parte del duo comico. Marco gli racconta del Porto, gli mostra gli oggetti che producono nel laboratorio di pelle e da lì boom, meta: “Io parlo parmigiano” diventerà uno dei benefattori e sostenitori principali del Porto di Coenzo. La collaborazione porterà alla nascita dei portachiavi Scàntot, dei Gosèn, degli anolini (per “Anolini soldiali”, iniziativa promossa da CSV Emilia, Fondazione Cariparma e Consorzio Solidarietà Sociale) e, in ultimo, dei portachiavi Tordéj per il ventennale del centro commerciale Euro Torri.
Roberta preferisce il laboratorio artigianale della carta. Tra le mani esperte dell’educatrice Silvana immagini vettoriali d’ogni tipo prendono forma attraverso il piccolo plotter dello studio. Il resto lo fanno i ragazzi: ogni elemento decorativo viene assemblato per creare biglietti di Natale, card di auguri, segnalibri 2D e molti altri oggetti. Alla produzione – ci racconta Manuela – si prediligono il dialogo e l’esplorazione dei propri sentimenti.
“Per quanto riguarda il laboratorio della carta si parla di un’educativa in cui non è necessaria tanta concentrazione da parte dei ragazzi ma in cui si preferisce porre l’accento sull’interazione tra l’educatore e il ragazzo. Ci sono molta conversazione, molta analisi del periodo che stanno passando; abbiamo il tempo di capire e captare eventuali problemi etc. L’introspezione, la conversazione e il “monitoraggio” della parte più emotiva dei ragazzi sono fondamentali oltre, ovviamente, alla parte educativa, al concentrarsi nello stare in un preciso luogo e in sinergia l’uno con l’altro.”
Mentre i ragazzi e le ragazze ci raccontano le loro giornate al Porto alcuni di loro, al richiamo dell’educatore Dario, si tuffano dentro al cappotto ed escono: destinazione supermercato. Oggi è giorno di cucina. Mettersi d’accordo sul menù non è sempre semplice, ognuno ha gusti differenti e preferenze che nel tempo si è imparato a conoscere. Giovanni, ad esempio, l’insalata la mangia solo senza pomodori, Andrea va matto per la pasta in bianco mentre Michele alla pizza preferisce di gran lunga il riso.
Della famiglia del Porto di Coenzo fa parte anche Ciro. Dalla grandissima manualità, Ciro è uno dei pochi in grado di utilizzare il seghetto alternativo per realizzare le impugnature degli aquiloni, il primissimo prodotto artigianale realizzato dai ragazzi del centro socio occupazionale ormai vent’anni fa durante la tradizionale Festa di Primavera. La questione degli attrezzi e degli strumenti di lavoro, qui, ha il suo peso:
“Il 70% del lavoro deve essere fatto dai ragazzi, dunque per ogni oggetto che abbiamo intenzione di produrre creiamo strumenti ad hoc per coinvolgere un numero sempre maggiore di ragazzi. E per metterli in sinergia, per lavorare in gruppo assegnando a ognuno di loro un compito preciso: per la realizzazione di portachiavi in pelle, ad esempio, c’è il ragazzo che fa il segno con il punteruolo, quello che posiziona le fustelle, quello che mette la colla, quello che, seguendo gli schemi, chiude ogni portachiavi facendo passare lo spago nei fori giusti. Chi sta al torchietto, invece, sa dove forare o dove posizionare l’occhiello. E così via. Utilizziamo un linguaggio diverso a seconda di chi fa cosa.”
Questo lavoro è fonte di orgoglio. E lo è ancora di più quando il ricavato della vendita di alcuni prodotti specifici è devolto in beneficienza per sostenere nobili cause o supportare realtà dal forte impatto sociale. Ne sono un esempio i portachiavi a forma di vinile e di basso realizzati in memoria di un amico del Porto appassionato di musica venuto a mancare a causa di un tumore: il ricavato della vendita di questa serie continua ad andare a favore del reparto oncologico di un ospedale. O i portachiavi realizzati per supportare economicamente gli alluvionati in Romagna.
Dopo una foto di gruppo e un salto in cucina per vedere all’opera gli chef del giorno, torniamo in ufficio consapevoli di aver appena fatto esperienza di un luogo dall’energia e dal potere straordinari, e di aver conosciuto ragazzi e ragazze che, in un mondo che troppo spesso tende a mettere in ombra le potenzialità di chi vive con una disabilità, testimoniano l’importanza di dare valore a ciò che si è e a ciò che si fa, trasformando l’arte in un gesto di cura, solidarietà e speranza per tutti.
Francesca Riggillo